Ridurre l’inflazione, ad ogni costo?
Ariel Bezalel e Harry Richards sostengono che l'eccessiva attenzione della Fed nei confronti dell'inflazione causerà una profonda recessione e presenta interessanti opportunità per gli investitori obbligazionari.
Riteniamo che questo tipo di approccio trascuri palesemente i danni collaterali che potrebbero derivarne. Abbiamo avuto 225 pb di rialzo dei tassi nelle ultime tre riunioni della Fed e 300 pb quest’anno: si tratta di un aumento enorme in un breve periodo, soprattutto perché l’impatto sarà pienamente assorbito solo nei 12-18 mesi successivi. Al momento in cui scriviamo, i mercati si aspettano che la Fed effettui rialzi per almeno altri 120 pb, fino a raggiungere il 4,6% all’inizio del prossimo anno. Anche i tassi di interesse reali, ovvero il rendimento di un’obbligazione dopo aver tenuto conto delle aspettative di inflazione prezzate dal mercato, sono aumentati in modo significativo.
Riteniamo che i posteri considereranno questo periodo di politica delle banche centrali come una serie di terribili errori. L’inflazione è stata più ostinata di quanto molti investitori – noi compresi – si aspettassero, ma sta chiaramente rallentando. La recessione globale è certa. Le banche centrali e i governi hanno già messo in atto un fortissimo inasprimento: oltre 300 rialzi dei tassi in tutto il mondo dal primo trimestre del 2021, riduzioni della spesa fiscale, un dollaro molto più forte (l’ampio paniere del dollaro è ora a livelli che abbiamo visto per breve tempo nei primi anni 2000, e prima ancora nei primi anni ’80) e un inasprimento delle condizioni finanziarie, insieme poi a un’ingente distruzione di ricchezza dovuta al calo dei mercati azionari e obbligazionari in tutto il mondo. Un ulteriore irrigidimento della politica monetaria attraverso i rialzi dei tassi e il tapering causerà una recessione globale inutilmente profonda e dolorosa.
Troppa paura dell’inflazione
Nel 2021, l’inflazione è stata legata in gran parte ai problemi delle catene di approvvigionamento post-Covid, che ora si sono attenuati. Quest’anno, il fattore trainante è stata la guerra in una regione cruciale (Ucraina/Russia) per l’agricoltura e l’energia. I prezzi del gas naturale sono più che raddoppiati e il petrolio, al suo picco, è aumentato di quasi il 50%. Nel mentre, abbiamo assistito a disruption nella forza lavoro post-Covid, con un ulteriore aumento dei costi per le aziende. L’incremento dei costi dei fattori produttivi – energia, manodopera, beni alimentari – si è ripercosso sui prezzi in tutto il mondo.
L’inflazione potrebbe richiedere del tempo per scendere. I numeri anno su anno sono ancora influenzati dagli effetti base. L’ultimo dato CPI (Indice dei Prezzi al Consumo) è stato superiore alle previsioni. Gran parte di questa sorpresa al rialzo è stata causata dagli alloggi (abitazioni/affitti), che costituiscono circa il 30% dell’inflazione core degli Stati Uniti, in particolare l’affitto equivalente al proprietario (Owner-Equivalent Rent – OER). L’inflazione degli alloggi è regolare e persistente. L’edilizia residenziale statunitense sta rallentando in modo significativo, perché l’aumento dei tassi ipotecari e dei prezzi ha spinto l’accessibilità degli alloggi a livelli che non si vedevano da prima della crisi finanziaria globale. L’OER scenderà a tempo debito. Vale anche la pena notare che non abbiamo ancora visto il calo dei prezzi delle materie prime tradursi pienamente in una riduzione dei prezzi alla pompa di benzina o nei negozi.
I motivi per sperare che la crescita economica globale possa essere sostenuta sono di natura retrospettiva e non sono supportati dai dati attuali. Se da un lato i numeri dei posti di lavoro negli Stati Uniti sono stati solidi, dall’altro vediamo che le persone accettano un secondo lavoro per far fronte all’aumento dei costi. Gli indicatori prospettici sono davvero terribili. Oltre il 40% dei dati dell’indice dei responsabili degli acquisti (PMI) è inferiore a 50, il che indica una contrazione dell’attività economica. Se si considerano i dati sui nuovi ordini, che guidano i PMI, la percentuale di paesi che mostrano una contrazione sale a oltre il 70%; ciò suggerisce un’ulteriore debolezza in futuro. Abbiamo già accennato al crollo dei tassi di trasporto e delle abitazioni: le richieste mensili di mutui ipotecari negli Stati Uniti sono scese ai livelli più bassi dal 2015. E dove va l’edilizia abitativa statunitense, va anche l’occupazione e la crescita in generale.
Il grafico sottostante mostra la relazione tra il sentiment abitativo e il mercato del lavoro negli Stati Uniti. Il settore immobiliare si sta indebolendo anche in Australia, Canada, Corea del Sud, Svezia e molti altri Paesi. Negli ultimi 75 anni, quando il tasso di disoccupazione è aumentato più dello 0,5% si è verificata una recessione. Se la crisi del costo della vita è estremamente dannosa, una recessione incombente con un aumento della disoccupazione è molto più devastante.
Questo è probabilmente uno degli anni più difficili che abbiamo visto e vedremo nel reddito fisso, dato il balzo dei tassi e l’allargamento degli spread. Mentre ci avviamo verso il quarto trimestre, i rendimenti obbligazionari ci dicono che l’inflazione continuerà a sostenere la stretta della Fed e i mercati azionari indicano un atterraggio relativamente morbido. La nostra analisi fornisce una prospettiva diversa: la politica monetaria presenta un ritardo significativo tra azione ed effetto: la Fed e le altre banche centrali hanno già adottato misure più che sufficienti a rallentare l’inflazione e a provocare una recessione, ma continuano a stringere perché l’impatto di ciò che hanno fatto non si è ancora manifestato. In particolare, l’evolversi di questa catena di eventi reintrodurrà la correlazione negativa tra titoli di Stato e attività di rischio, assente dai mercati negli ultimi 12 mesi.
Le fonti di tutti i dati sono Bloomberg, al 23 settembre 2022.
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