Cosa comporta la vendita di Credit Suisse per i COCO bond e le banche europee
Luca Evangelisti e Paridhi Garg discutono del potenziale impatto della vendita di Credit Suisse sulle banche europee, sui COCO bond e sugli investimenti finanziari.
Le autorità svizzere hanno deciso di intervenire svalutando completamente i bond Additional Tier 1 (AT1) di Credit Suisse, note anche come contingent capital o CoCo bond, nonostante il patrimonio netto non sia stato azzerato nell’operazione di acquisizione di Credit Suisse per 3 miliardi di franchi svizzeri da parte di UBS. Sebbene sia stata evitata la risoluzione della banca, il governo svizzero ha fornito a UBS una garanzia di 9 miliardi di franchi per le perdite second-loss (attraverso una nuova legge) e quindi è stato autorizzato a svalutare gli AT1. Ciò ovviamente rappresenta una disgrazia per chi aveva investito in questi strumenti.
Credit Suisse è partita da una posizione di debolezza. Trascorso un lungo periodo di scarsa performance, i deflussi di depositi si sono intensificati dopo la notizia della mancanza di ulteriore sostegno da parte della Saudi National Bank, il principale azionista dell’istituto svizzero. Ironia della sorte, questa scelta è stata probabilmente dettata più dall’entità della partecipazione esistente che da una visione negativa della banca.
La conseguenza più sorprendente è stata che l’autorità di regolamentazione ha consentito una svalutazione completa degli AT1, lasciando il valore residuo agli azionisti. Per convincere UBS a effettuare la transazione, l’autorità di vigilanza non solo ha garantito perdite potenziali (9 miliardi di franchi svizzeri) sulla valutazione degli asset, ma ha anche permesso la svalutazione degli AT1. Questo sembra essere legittimo: nei documenti degli AT1 di Credit Suisse è consentito intraprendere questa azione se i coefficienti patrimoniali della banca scendono al di sotto di un certo livello, cosa che accomuna gli AT1 di tutto il mondo. Tuttavia, è prevista anche una svalutazione se si dovesse raggiungere un punto di insostenibilità economica e la necessità di un “sostegno straordinario da parte del settore pubblico”. Credit Suisse si è trovata proprio in questo secondo caso. Gli investitori in AT1 conoscevano il rischio: ciò che ha scioccato molti operatori di mercato è che gli investitori in azioni siano stati pagati 0,76 franchi svizzeri per azione in azioni UBS, pur avendo una posizione più debole nella struttura del capitale. Si tratta di un precedente per gli AT1? A nostro avviso no. Mentre le autorità di regolamentazione svizzere hanno imboccato un percorso insolito, altre autorità di regolamentazione hanno preso rapidamente le distanze.
La Banca Centrale Europea (BCE) ha subito chiarito che le azioni ordinarie sarebbero state le prime ad assorbire le perdite:
“Gli strumenti di common equity sono i primi ad assorbire le perdite e solo dopo il loro pieno utilizzo si richiederà la svalutazione del Tier 1 aggiuntivo. Questo approccio è stato applicato coerentemente nei casi passati e continuerà a guidare le azioni del SRB (Single Resolution Board) e della vigilanza bancaria della BCE negli interventi di crisi.”
La Banca d’Inghilterra (BoE) ha inoltre confermato che “gli strumenti AT1 si collocano davanti al CET1 e dietro al T2 nella gerarchia”.
A nostro avviso, si tratta quindi di un evento idiosincratico. Credit Suisse si trovava in una posizione debole e a rischio di fuga dei depositi in un contesto di rapida contrazione della liquidità. Dato che è stata utilizzata la liquidità pubblica, i suoi AT1 sono stati azzerati. È piuttosto insolito che gli investitori in azioni abbiano ricevuto un piccolo risarcimento, ma ci sembra chiaro che questo non è un percorso che altri regolatori seguirebbero.
Il nostro compito nella gestione della strategia COCO è quello di identificare le giuste esposizioni tra gli emittenti finanziari e la posizione migliore nella struttura del capitale per detenerle. Dati i problemi fondamentali che Credit Suisse ha avuto per un periodo di tempo considerevole e la volatilità che abbiamo visto negli ultimi mesi, abbiamo visto un notevole rischio di esecuzione per la banca mentre cercava di tornare alla redditività. Pertanto, non abbiamo investito negli AT1 dell’istituto.
Allo stesso tempo, eravamo convinti che fosse una banca di importanza sistemica che le autorità svizzere avrebbero sostenuto, e così è stato. Abbiamo quindi detenuto il debito senior di Credit Suisse, che è stato protetto durante tutto il processo e ha registrato una performance positiva, in particolare dopo la notizia dell’acquisizione da parte di UBS.
Per quanto riguarda il resto della nostra esposizione, negli ultimi mesi abbiamo notato che una minore liquidità e un rischio di recessione più elevato avrebbero messo sotto pressione le valutazioni delle banche. In questo contesto difficile, abbiamo mantenuto l’esposizione degli altri COCO bancari al minimo consentito dal nostro prospetto (poco più del 75%), preferendo seniority più elevate e liquidità. Questo posizionamento ha aiutato la strategia a sovraperformare il suo benchmark.
Potrebbero esserci delle conseguenze sul costo del capitale per le banche e sulla volatilità in corso.
Ci aspettiamo che il mercato degli AT1 si stabilizzi nel tempo con il ritorno della prospettiva sul mercato. L’asset side di Credit Suisse non è stato fondamentalmente danneggiato. La scorsa settimana abbiamo assistito a una perdita di fiducia nei confronti di una banca già impegnata in un difficile percorso di ristrutturazione, che ha portato al ritiro dei depositi, aggravato da una comunicazione errata da parte di un azionista chiave.
Altre banche europee si trovano in una situazione molto più solida, con profili di redditività migliori e livelli più bassi di depositi non assicurati.
I COCO o AT1 sono stati ideati dopo la crisi finanziaria globale del 2007-2008 come un modo per le banche e le autorità di regolamentazione di gestire il proprio debito in modo più efficiente e, in ultima analisi, di contribuire a risolvere più facilmente le crisi future. L’investitore riceve un rendimento più elevato (in alcuni casi superiore al 15%) in cambio di una posizione più debole nella struttura del capitale. È importante che la posizione nella struttura del capitale sia protetta, ed è per questo che le dichiarazioni rilasciate dalla BCE e dalla BoE subito dopo l’annuncio della fusione sono state così importanti: gli AT1 rimangono una componente importante del capitale bancario e si collocano prima delle azioni.
Oltre a un rendimento più elevato, i molteplici livelli delle strutture patrimoniali bancarie consentono ai gestori attivi come noi di implementare la propria analisi fondamentale delle banche. Possiamo assumere il rischio degli AT1 nelle banche sane e non assumere alcun rischio o assumere solo il rischio senior negli istituti più deboli.
Anche dopo la disfatta di Credit Suisse, a nostro avviso il sistema bancario europeo appare molto sano. I coefficienti di capitalizzazione sono 2-3 volte superiori a quelli del 2007. Le banche sono sottoposte a stress test regolari dal punto di vista del capitale e della liquidità. Alla luce di questa realtà, i rendimenti disponibili sugli AT1 rispetto al rischio che comportano sono estremamente interessanti, ancor più dopo i recenti eventi. Come sempre nell’obbligazionario, è necessario evitare le mele marce attraverso una selezione rigorosa, come dimostra chiaramente il caso di Credit Suisse.
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