E’ comprensibile alzare gli occhi al cielo davanti a un investitore obbligazionario che si aspetta un altro picco dei rendimenti. A fine novembre 2022, il rendimento dei Treasury a 10 anni era da poco sceso oltre lo 0,5%, dopo aver raggiunto il picco del 4% in ottobre, e il credito sembrava più attraente di quanto non fosse dal 2009. La recessione sembrava certa nel 2023.

Un anno dopo, il rendimento a 10 anni è nuovamente sceso di poco oltre lo 0,5%, dopo aver raggiunto il picco del 5% in ottobre. Il credito continua a rendere più di quanto abbia fatto per un decennio e si prevede una recessione. I mercati obbligazionari scontano tre tagli dei tassi nel 2024. Potrei perdonare ai lettori un po’ di scetticismo: cosa ci dovrebbe essere di diverso questa volta?

È la situazione ad essere diversa, nonostante lo schema sia familiare. L’inflazione sta dando respiro alle banche centrali. Ci vorrebbe uno shock per forzare i tassi di base molto più in alto. Infatti, mentre la volatilità nei mercati dei Treasury lo scorso anno riguardava il punto in cui i tassi raggiungevano il picco, quest’anno la volatilità ha riguardato la durata della loro permanenza ai livelli attuali. Abbiamo fatto dei progressi.

La storia suggerisce che il credito ottiene i rendimenti totali più elevati da questi livelli, in termini assoluti; e rispetto alle azioni, è attraente. Il mercato high yield è superiore al rendimento atteso degli utili azionari a 12 mesi in una misura che di solito vediamo solo in periodi di stress.

Chiaramente, ciò che sta bloccando i flussi verso questa asset class è il timore di una recessione, e la storia è dalla parte dei pessimisti: i soft landing sono rari come i denti delle galline. Il tipico scenario di debolezza del settore manifatturiero, con pressioni sul settore immobiliare, rallentamento dei consumi e perdita di posti di lavoro, è ancora presente, ma richiede molto tempo. È anche vero che i dati relativi alla crescita e all’occupazione per ora vanno bene, e la spesa fiscale sta incrementando il debito in una misura raramente vista in tempo di pace. Ma quanto può ancora durare?

Siamo un po’ più ottimisti sulla dinamica dell’offerta. Sebbene sia vero che i deficit sono enormi e che parte della domanda estera sta diminuendo, ci sono enormi riserve di asset istituzionali e al dettaglio che sono storicamente sottoponderate nei confronti dei titoli di Stato, presenti sia in ambito azionario che nella liquidità. C’è abbondanza di potenziali acquirenti per abbassare i rendimenti, come abbiamo iniziato a vedere nelle ultime settimane.

Usare la recessione come scusa per aspettare è comprensibile ma non è una buona idea. L’errore peggiore che fa un investitore classico è non arrivare alla festa troppo presto e sopportare conversazioni imbarazzanti con chi ti ospita, ma arrivare troppo tardi quando la portata principale è terminata e metà degli ospiti se ne sono andati. Il timing del mercato è difficile. Ecco tre idee:
1)   Assicurati i rendimenti adesso… ma evita il default a tutti i costi
Gran parte del mercato high yield offre oggi rendimenti a doppia cifra. Il pricing della recessione non è uniforme. Mentre alcune aziende non potrebbero esistere se dovessero rifinanziare il proprio debito oggi, altre ripagano molto bene gli investitori a fronte del rischio che si assumono. Una attaenta selezione sul credito è fondamentale.

Mentre nel 2022 e 2023 la narrazione prevalente era che i titoli di Stato non riuscissero a diversificare il rischio di credito, riteniamo che in un contesto recessivo questo si inverta. Oggi vieni pagato bene per una copertura contro la recessione. A nostro avviso, la combinazione tra high yield e duration è convincente.
2)  Compra mercati emergenti, ma sii intelligente
I rendimenti sul debito dei mercati emergenti sono interessanti, ma è opportuno mitigare anche il potenziale rischio di un rallentamento globale. Le banche centrali dei mercati emergenti hanno gestito l’inflazione molto meglio rispetto alle loro corrispettive nei mercati sviluppati. Alcuni paesi hanno tassi reali molto elevati, con tassi di base ben superiori all’inflazione. Altri invece hanno più spazio di manovra per proteggere la propria economia tagliando i tassi.

Continuiamo a preferire il credito, in particolare l’esposizione alla crescita dei mercati emergenti locali, il settore delle telecomunicazioni, delle utility e bancario. C’è abbondante rendimento disponibile in società solide o in paesi che beneficiano di trend globali come il nearshoring*. La chiave è ricordare che i paesi emergenti sono molto più sani, con un debito locale maggiore e una base patrimoniale interna più forte, rispetto a 20 anni fa.

*Nearshoring: ricollocazione della produzione o di alcune attività aziendali in un Paese vicino a quello di origine.
3)  Non dimenticare gli alternativi
Negli ultimi due anni abbiamo continuato a sentirci dire che non c’era nessun posto dove rifugiarsi quando il credito era in difficoltà perché anche i tassi erano aumentati. Gli investitori si sono così affrettati a riallocare verso i fondi absolute return, salvo dimenticare di averne bisogno nelle fasi rialziste del mercato obbligazionario. Gli investitori ora, a ragione secondo me, stanno tornando alla duration come elemento di diversificazione, ma vorrei metterli in guardia dal non commettere nuovamente lo stesso errore; per ragioni strutturali la volatilità dei tassi dovrebbe restare elevata. Un fondo a rendimento assoluto adeguato e in buona fede (attenzione a coloro che fanno affidamento sul credito per ottenere rendimenti) è qualcosa che ritengo dovrebbe far parte di qualsiasi portafoglio a reddito fisso ben diversificato.

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