Siamo profondamente colpiti dalla terribile tragedia in Ucraina, e possiamo solo sperare che venga trovata una rapida risoluzione. 

 

Ben prima dell’escalation della crisi, a nostro avviso era evidente che una decrescita naturale della spesa per beni durevoli, l’affievolirsi del sostegno fiscale e monetario e la riduzione del potere d’acquisto a causa dell’aumento dell’inflazione erano tutti fattori che spingevano verso un potenziale rallentamento macroeconomico, che avrebbe probabilmente portato a una posizione accomodante delle banche centrali. 

Cosa è cambiato? 

I prezzi persistentemente più elevati derivanti dalla guerra – non solo dell’energia ma anche delle materie prime agricole e industriali – avranno un effetto molto negativo sulla crescita globale, causandone un rallentamento. Crediamo che la recessione sia ormai quasi certa in Europa, e molto probabile negli Stati Uniti in una prospettiva più a lungo termine. Tre fattori chiave per la crescita statunitense sono ora sotto attacco: i prezzi della benzina stanno già causando un calo della domanda. L’aumento dei rendimenti ha determinato un forte rialzo dei tassi ipotecari. I mercati azionari sono caratterizzati da un selloff. Combinando tutto questo con una crescita più lenta dalla Cina e l’impatto di oltre 100 aumenti dei tassi a livello globale da febbraio dello scorso anno, le prospettive economiche globali sono peggiorate in modo significativo. 

Chi vuol essere un banchiere centrale? 

Un’inflazione più alta e una crescita più bassa aumentano le difficoltà per la Federal Reserve. Continuano le pressioni per i rialzi dei tassi, nonostante il brusco rallentamento della crescita. La Fed si troverà sempre più intrappolata tra il diavolo dell’inflazione e il profondo mare blu della recessione. 

 

Il rischio di un errore di politica monetaria è estremamente alto. La Fed ha iniziato il suo ciclo di rialzo con la riunione del 16 marzo, e le sue stesse previsioni indicano altri sei rialzi per quest’anno, e altri ancora nel 2023. Studiando la curva dei rendimenti, crediamo che la Fed farà fatica ad attuare un numero così elevato di rialzi dei tassi. Ciò che è ancora più problematico è che pensiamo che la Fed stia inasprendo la politica in un momento di rallentamento economico, il che sarà una sfida per gli asset di rischio.

 

Più a breve termine, a nostro avviso, la curva dei rendimenti continuerà ad appiattirsi e alla fine si invertirà (dato che i tassi a breve termine sono spinti al rialzo ma i tassi a lungo termine sono ancorati da una crescita più bassa). Nel lungo termine, crediamo che una stretta eccessiva approfondirà e prolungherà il rallentamento, e forzerà una risposta di politica monetaria più drastica in futuro, portando a rendimenti molto più bassi. Alcuni tratti della curva dei Treasury USA si sono già invertite: il Treasury a 7 anni rende al momento della stesura più di quello a 10 anni e quello a 5 è sull’orlo di rendere più di quello a 10. Di solito, se questa inversione si mantiene per qualche settimana, il resto della curva la seguirà e la probabilità di una recessione nei seguenti 12-18 mesi aumenta materialmente. 

Mantenere una duration lunga 

Pensiamo che abbia senso mantenere una duration lunga: abbiamo effettuato un taglio sostanziale della duration alla fine dell’anno scorso per proteggerci da una Fed falco, per poi aincrementarla a gennaio e febbraio, quando i rendimenti sono aumentati. 

 

Perché mantenere una duration relativamente più lunga quando è probabile che la Fed continui l’irrigidimento monetario? La nostra visione macro e il nostro posizionamento sono a lungo termine: siamo davvero convinti che un significativo rallentamento della crescita e l’eventuale affievolirsi dell’inflazione provocheranno un’altra significativa discesa dei rendimenti dei titoli di Stato, poiché le banche centrali dovranno cambiare rotta. Il calo dei rendimenti inizierà probabilmente sulla parte a lungo termine della curva; quindi negli ultimi mesi abbiamo spostato una certa esposizione su quel tratto. Da un punto di vista strutturale, crediamo che i titoli di Stato di alta qualità e la duration possano ancora fungere da diversificatori, soprattutto in un contesto caratterizzato da shock di crescita forti e improvvisi. 

Credito: in lento rialzo 

Per quanto concerne il credito, abbiamo iniziato l’anno aspettandoci che le banche centrali avrebbero causato una certa volatilità per gli asset di rischio e abbiamo cercato protezione con una preferenza per titoli a breve scadenza in settori conservativi, con un focus sulle situazioni speciali. Questa volatilità si è manifestata, forse anche più di quanto ci aspettassimo. 

Le valutazioni dei titoli High Yield si trovano a livelli che abbiamo visto solo raramente negli ultimi dieci anni, e ogni volta che li hanno raggiunti, tendenzialmente siamo stati testimoni di un forte rimbalzo. In particolare, per noi il credito con rating BB in Europa si distingue per essere la componente più attraente del mercato, con gli spread che hanno trascorso solo l’11% dell’ultimo decennio a livelli più convenienti. 

Abbiamo cominciato ad usare un po’ di liquidità; per gli investitori di credito è piuttosto interessant trovare, ad esempio, emission BB di solidi emittent europei appartenenti a settori conservat come le telecomunicazioni, scambiati con un rendimento superiore al 6% ed un esborso di cassa con prezzi cash relativamente basso.
Allo stesso tempo, i rischi di notizie economiche peggiori implicano che sarà possibile vedere una maggiore volatilità in futuro, quindi sembra prudente conservare parte di quella liquidità. La più alta volatilità dei rendimenti e dell’inflazione rende questo momento ottimale per gli investitori attivi che possono trovare  opportunità in ciò che vogliono realmente possedere. 

Conclusione: opportunità nella volatilità 

I primi mesi del 2022 sono stati molto duri per tutti gli investitori: non c’era praticamente alcun modo per evitarlo. La volatilità genera sempre opportunità per gli investitori attivi e noi siamo più rialzisti nei confronti dell’obbligazionario e verso il nostro portafoglio di quanto non lo siamo stati da diverso tempo. 

 

Con uno shock di crescita all’orizzonte, le banche centrali non avranno altra scelta che accettare un altro ribasso dei rendimenti, dato che la recessione è un problema più grave dell’inflazione. Crediamo che nel medio termine i titoli di Stato potranno essere tra i maggiori contributori. 

 

C’è stato un generale selloff sul credito quest’anno, e le valutazioni sono ora attraenti per noi su qualsiasi misura storica di medio termine. Riteniamo che sia ragionevole cogliere i rendimenti interessanti nelle obbligazioni di qualità superiore e ci aspettiamo che le opportunità continuino ad aumentare nei prossimi mesi, con il proseguire della volatilità. Queste opportunità nel reddito fisso si presentano solo una volta ogni pochi anni, e pensiamo che gli investitori dovrebbero essere posizionati per trarne profitto. 

Il valore delle menti attive: il pensiero indipendente

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